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La Redazione

“COME STAI?”: 13° EDIZIONE DELL’ATLANTE DELL’INFANZIA. INCLUSIONE SCOLASTICA

Save the Children


“L’infanzia oggi in Italia è sempre più schiava delle diseguaglianze. Diseguaglianze sociali, economiche, educative, di genere. Ma le diseguaglianze hanno una traccia ancora più profonda, che è quasi invisibile e che si insinua nel corpo di ogni bambino che viene concepito e ne condiziona la salute, lo sviluppo e la crescita. Ad oggi la speranza di vita in buona salute è in media di 61 anni, ma andando a vedere cosa significa la lotteria della nascita, si va dai bambini più “fortunati” che in provincia di Bolzano vedranno questa soglia alzarsi a 66,6 anni, a quelli che nascono in Calabria, per i quali questo traguardo si ferma a 55 anni.


Oltre 11 anni di buona salute in media, a fare la differenza. L’ingiustizia sociale determina il futuro delle bambine e dei bambini. Con questa chiave, quest’anno l’Atlante analizza i molteplici aspetti legati alla salute dell’infanzia nel nostro Paese.” si apre così la prefazione della 13° edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio dal titolo “Come stai?” a cura di Save The Children.


La fotografia di questo Atlante ci parla di un’infanzia colpita al cuore dall’ingiustizia sociale di quella lotteria della nascita che toglie anni di vita prima ancora che gli occhi di un bambino vedano la luce. Ma ci racconta anche delle realtà che nei territori se ne prendono cura, realtà dove le bambine, i bambini e gli adolescenti vengono presi per mano e accompagnati in percorsi di guarigione e riabilitazione, o anche solo di sostegno.


La scuola, un mondo

Frequentare un asilo nido e una scuola inclusiva e di qualità diventa per bambine e bambini di origine migrante fondamentale per integrarsi e orientarsi tra le opportunità che questo Paese o il luogo in cui vivono può offrire loro. A scuola si può capire quali siano i rischi e i fattori protettivi per il proprio benessere, ad esempio quali stili di vita sani seguire, come riconoscere e affrontare discriminazioni e razzismo in un ambiente protetto per potersi proteggere coltivando l’autostima e le abilità sociali.


LA SCUOLA È MULTICULTURALE In Italia, un minorenne su 9 è di origine straniera ancora senza cittadinanza. Nella scuola, dai 3 anni, un alunno su 10 ha cittadinanza non italiana (CNI): alla scuola dell’infanzia e dopo i 16 anni, la presenza a scuola è minore rispetto ai coetanei con cittadinanza italiana. Nell’a.s. 2020/21 per la prima volta negli anni Duemila, il numero di scolari di cittadinanza non italiana (CNI) è diminuito (meno 11 mila bambini).




Le nuove Linee guida per l’integrazione del Ministero dell'Istruzione22, “Orientamenti interculturali – Idee e proposte per l’integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori” guardano avanti e invitano ad un cambio di prospettiva, secondo cui bisogna investire nella multiculturalità come accrescimento di opportunità per tutti anziché colmare “deficit”, in linea con l’idea di una scuola attenta allo sviluppo di competenze sociali, life skills e soft skills, cioè abilità trasversali utili nella vita personale e lavorativa. Tra le molte indicazioni, vi sono azioni programmate sull’insegnamento della lingua italiana e la valorizzazione del plurilinguismo, che presuppongono una formazione del personale scolastico non sempre di facile attuazione, ma che necessitano del coordinamento e la collaborazione di tutti gli attori chiave e ispirate ad una visione della diversità culturale come risorsa a vantaggio di tutti.


L’integrazione e il benessere si realizzano attraverso molte strade: ad esempio la mensa, l’attività motoria e il gioco in spazi aperti si sono rivelati strumenti fondamentali per la promozione della salute a scuola, soprattutto per fasce più vulnerabili come, appunto, alunne e alunni di origine migrante ma anche bambini in povertà, che vivono in famiglie che hanno difficoltà a garantire un’alimentazione di qualità, ad iscrivere i bambini ad attività sportive, o a farli giocare all’aperto senza rischi. E sono anche strumenti utili per coinvolgere maggiormente i genitori di questi bambini, perché la presenza di una mensa, di una palestra e altri spazi fruibili è necessaria per organizzare il tempo pieno e consentire alle scuole di rimanere aperte anche oltre l’orario scolastico, offrendo attività creative e sportive a basso costo dedicate anche ai genitori, magari insieme ad attività di orientamento nella rete di servizi sociosanitari del territorio o in quella dei servizi digitali.


Vi sono ancora molte criticità nei percorsi di inclusione scolastica degli alunni con background migratorio, soprattutto di prima generazione, cioè che non sono nati in Italia, a partire dall’elevato tasso di abbandono scolastico: nel 2020, il 35,4% dei giovani 18­24enni con cittadinanza non italiana (CNI) non aveva completato l’istruzione secondaria o percorsi di formazione, il dato più alto in Europa, e ben 14 p.p. (punti percentuali) superiore alla percentuale di giovani italiani che avevano abbandonato precocemente gli studi (l’11%). L’“esclusione” scolastica e i vari tipi di fallimento formativo colpiscono maggiormente i maschi: tra i giovani CNI, l’abbandono sfiora il 40%, in pratica 2 alunni su 5 non arrivano al diploma, quasi 27 p.p. al di sopra della percentuale dei giovani con cittadinanza italiana (13,3%). Tra le ragazze, sono il 30,8% e giovani CNI che non finiscono la scuola secondaria o i percorsi di formazione professionale, 22 p.p. in più rispetto alle coetanee italiane (l’8,5%). Questo enorme divario prefigura livelli di istruzione più bassi per la popolazione di origine straniera. L’esclusione dal percorso scolastico può facilmente condurre verso peggiori condizioni lavorative, instabilità del reddito, precarietà, esclusione sociale. Ma questo, come abbiamo detto più volte, ha importanti conseguenze sulla salute con minore aspettativa di vita, peggiori condizioni socioeconomiche, maggiori rischi legati a patologie, invecchiamento più rapido.


I dati sul tasso di scolarità fanno anche emergere il drammatico crollo della scolarità dopo i 16 anni, con l’interruzione di frequenza scolastica tra i 17 e i 18 anni che porta quasi un quarto degli studenti CNI a non completare il percorso di istruzione secondaria, soprattutto i maschi. La povertà che, come abbiamo visto, colpisce molto più le famiglie straniere (il 36% con genitori entrambi CNI), spinge peraltro molti ragazzi a cercare un lavoro ­ spesso irregolare ­ appena terminato l’obbligo scolastico, restringendo così per un’altra generazione l’opportunità di migliorare le condizioni di vita, economiche, sociali e di salute. Il circolo vizioso non si interrompe.




di VALENTINA ZIN


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